In manette il Mandante Antonio Magro e l’esecutore Massimo Merlo. L’omicidio commissionato per la gelosia che Magro provava nei confronti di Maccarrone
Due pregiudicati sono stati arrestati in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa in data primo dicembre 2016 dal Giudice per le indagini preliminare presso il Tribunale di Catania, in quanto ritenuti responsabili, in concorso tra loro, dei reati di omicidio aggravato nonchè di detenzione e porto illegali di arma da fuoco. Si tratta di Antonio Magro (41 anni), inteso “’u rannazzisi” già detenuto; e di Massimo Merlo (44 anni).
La misura cautelare accoglie gli esiti di indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale della Repubblica e condotte dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di Polizia di Adrano, che hanno fatto luce sull’omicidio dell’impiegato 43enne Maurizio Maccarrone, avvenuto ad Adrano la mattina del 14 novembre 2014, consentendo di acquisire prove di colpevolezza nei confronti Antonio Magro e di Massimo Merlo, ritenuti responsabili, il primo quale mandante e l’altro come esecutore materiale dell’omicidio.
In particolare, alle 7 del mattino del 14 novembre di due anni fa, una segnalazione al 113 informò la Polizia di un omicidio avvenuto ad Adrano in via Cassarà. Gli agenti del locale commissariato, insieme ai colleghi della Squadra Mobile, si recarono nel luogo segnalato ritrovando a terra in una pozza di sangue, accanto a un’auto, il cadavere di Maccarrone. Nel corso del sopralluogo la Polizia Scientifica rinvenne a terra cinque bossoli calibro 7,65. Le fasi dell’omicidio vennero registrate da un impianto di videosorveglianza installato in via Cassarà, e in una via adicente. In particolare, nelle immagini – poi acquisite dagli investigatori – si nota Maccarrone uscire di casa e avviarsi verso la propria autovettura, parcheggiata poco distante dall’abitazione. Appena aperta la portiera, il 43enne venne raggiunto da uno scooter con due persone a bordo col volto coperto da caschi integrali. Passandogli accanto, il passeggero esplose alcuni colpi all’indirizzo di Maccarrone che cadde al suolo. Il killer, sceso dalla moto, raggiunse l’obiettivo della missione di morte esplodendo a distanza ravvicinata due colpi di “grazia” alla testa, che non diedero scampo all’impiegato.
Le indagini, orientate da subito verso la sfera personale della vittima, fecero emergere ben presto il movente passionale. Il modus operandi dei killer ed il particolare dell’esplosione dei due colpi alla testa lasciavano, tuttavia, ritenere che i killer potessero operare nei contesti della locale criminalità organizzata. Un impulso decisivo giunse dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Di Marco, esponente del clan Scalisi, locale articolazione della famiglia mafiosa catanese di Laudani (detti “Mussi ‘i ficurinia”), il quale riferiva che l’omicidio, sebbene riconducibile a movente passionale, era maturato nell’ambito dei gruppi mafiosi operanti nell’area di Paternò, Adrano e Biancavilla, riconducibili ai Laudani.
In seguito venne individuato il ruolo di mandante di Magro e quello di esecutore materiale di Merlo, entrambi operanti nell’area criminale dei Laudani, il primo nell’ambito del gruppo mafioso Morabito Rapisarda di Paternò, il secondo del gruppo degli Scalisi di Adrano.
Movente dell’eliminazione sarebbe la gelosia che Magro provava nei confronti di Maccarrone per una presunta relazione con una donna –individuata dagli investigatori subito dopo l’assassinio – con la quale in passato Magro aveva avuto un legame e che lo avrebbero indotto a dare l’ordine di eliminare il rivale.
Il complesso delle intercettazioni disposte dalla Procura Distrettuale di Catania, eseguite dagli investigatori della Mobile (Sezione Criminalità Organizzata) e del Commissariato di Adrano, non disgiunte dall’analisi dei tabulati telefonici delle utenze in uso ai due, dagli interrogatori resi al Pubblico Ministero, dalle testimonianze e dalla comparazione antropometrica (misurazione del corpo) effettuata nei confronti di Merlo, tra il filmato dell’omicidio ed un altro appositamente acquisito, hanno consentito agli inquirenti di trovare riscontri alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia.
In particolare, nel corso di una conversazione ambientale, Massimo Merlo discorrendo con il suo interlocutore in merito all’omicidio esclamava a voce bassa: “(…) Ci i’ d’arreri… n’aricchi accussì… pum (imitando un colpo d’arma da fuoco) e gridava…gridava… ittava vuci”. Il 26 novembre scorso, sulla scorta degli esiti delle investigazioni, la Procura Distrettuale della Repubblica di Catania ha emesso un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di Merlo (essendo Magro già detenuto per altra causa), eseguito dagli investigatori della Polizia la mattina di lunedì scorso 28 novembre.
Il primo dicembre 2016, a seguito di udienza di convalida del fermo, il Gip ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti Massimo Merlo ed ha accolto la richiesta avanzata nei confronti di Antonio Magro.