Resta un giallo l’uccisione del 25enne catanese, con precedenti per droga, Giuseppe Dainotti: incidente o fuoco amico ipotesi più accreditate
C’è un primo arresto, anche se non per omicidio, nel giallo sulla morte del 25enne catanese Giuseppe Dainotti, rinvenuto cadavere ieri mattina ad Adrano in Contrada Difesa Luna ai bordi del terrapieno che separa la statale 284 dalla recinzione di un parcheggio per camion con autolavaggio annesso. A finire in manette, ad opera della Polizia di Stato, per detenzione abusiva di armi, il custode del lavaggio che deteneva due pistole nel furgone con cui ieri ha raggiunto il Commissariato adranita per comunicare il rinvenimento del corpo senza vita. Dalle prime notizie che si apprendono le armi non avrebbero sparato nelle ultime ore. La procura ha comunque disposto una perizia balistica per accertare se il piombo che ha ucciso Dainotti sia stato esploso da una delle due pistole.
Dainotti, catanese residente a Librino, con precedenti per spaccio di droga, sarebbe morto a causa di un colpo all’addome nella notte fra lunedì e martedì, presumibilmente intorno alle 2 stando all’ipotesi formulata dal medico legale, il dottor Giuseppe Ragazzi, che ha effettuato l’ispezione cadaverica.
Per il momento l’uccisione rimane un giallo. L’ipotesi in campo che trova maggior consenso è quella di una rapina finita male. Dainotti, insieme a uno o più complici, potrebbe essersi recato di notte nel parcheggio forse per rubare il denaro contenuto nella monetiera degli impianti di lavaggio automatico (rinvenuta aperta e con segni di manomissione), o altro, oppure per effettuare una rapina, anche se, al momento, non si sa bene nei confronti di chi.
Cosa è avvenuto in quei frangenti è tutto da decifrare, e molto ci si attende dall’esito dell’autopsia che dovrà essere eseguita all’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, dove si trova attualmente la salma, dal medico legale che nominerà la Procura per capire da che distanza sia stato esploso il colpo mortale: a bruciapelo, o da diversi metri, lo scenario è totalmente diverso. Nel primo caso si potrebbe accreditare l’ipotesi di colluttazione fra la vittima e la persona che questi avrebbe voluto rapinare con il colpo partito accidentalmente; oppure di un incidente occorso allo stesso Dainotti, magari a causa di una caduta mentre era in fuga, nel caso in cui avesse avuto addosso un’arma. Lo sparo non a bruciapelo apre altri scenari: fuoco amico partito dai complici, oppure eccesso di legittima difesa se non, addirittura, omicidio volontario. Ma, al momento, lo ripetiamo, si tratta solo di ipotesi.
Intanto, dopo la ridda di notizie di ieri delle concitate fasi post rinvenimento, si apprendono altri particolari. Dainotti non aveva sul capo un cappuccio – come era trapelato ieri –, rinvenuto, invece, a terra accanto al corpo senza vita del giovane. Inoltre non sarebbero stati ritrovati bossoli o armi accanto al cadavere o all’interno del parcheggio. Da quel che si apprende informalmente, il sistema di videosorveglianza del lavaggio non avrebbe registrato nulla relativamente alle fasi della morte o dell’eventuale rapina. Secondo fonti non confermate, le webcam non sarebbero state attive.
Le indagini sono affidate al sostituto procuratore Martina Bonfiglio del dipartimento reati contro la persona e sono coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo.