Il testimone conferma l’impianto accusatorio delle morti indotte per lucrare su vestizione delle salme e funerale
La deposizione del testimone di giustizia Giuseppe Arena, dell’omonima impresa di onoranze funebri biancavillese vittima di estorsione aggravata dal metodo mafioso, al centro dell’udienza di ieri del processo “Ambulanza della morte” che vede imputato il barelliere adranita di 44 anni Davide Garofalo, accusato di omicidio aggravato nei confronti di tre persone (che secondo l’accusa sarebbero state uccise nel trasporto dall’ospedale a casa per lucrare sulle esequie e sulla vestizione) e di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Un altro processo si sta celebrando, per un solo omicidio, a carico di un altro ambulanziere, anch’egli adranita di 44 anni, Agatino Scalisi, che ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato (prossima udienza a ottobre). Giuseppe Arena è stato ascoltato in videoconferenza da un luogo protetto. Nel corso della deposizione è stato sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio, ovvero il sistema orbitante attorno alle ambulanze che stazionavano davanti all’ospedale di Biancavilla, che accompagnavano a casa i malati terminali, e dei presunti omicidi nel trasporto allo scopo di rivendere le salme alle agenzie funebri compiacenti per lucrare su vestizione e funerale.
Per il testimone è concreta l’ipotesi di un numero di omicidi superiore ai casi al centro del processo, affermazione in linea con quanto già dichiarato da un testimone del processo, un carabiniere che curò le indagini, ovvero almeno altre cinque morti sospette. Arena ha pure aggiunto che una delle ambulanze era di loro proprietà, ma che, in pratica, era utilizzata da altri soggetti, oggi alla sbarra o indagati. Il testimone di giustizia ha anche parlato delle estorsioni che l’impresa di onoranze della sua famiglia subiva dai clan locali. Prossima udienza il 24 settembre con la deposizione di un altro componente della famiglia Arena, Luca, fratello di Giuseppe.