Lo “spazzino” del Malpassotu decide di svelare i segreti del clan Santapaola. Era stato arrestato anche per l’omicidio dell’imprenditore paternese Caponnetto
Nuovo pentito eccellente fra i clan della mafia catanese. Carmelo Aldo Navarria, belpassese, destinatario di un provvedimento di custodia cautelare il 4 maggio scorso nell’ambito dell’operazione “Araba Fenice” – che ha visto l’arresto di 15 presunti affiliati del gruppo di Belpasso della cosca Santapaola-Ercolano (leggi la notizia) –, ha deciso di iniziare a collaborare con la giustizia. Le sue rivelazioni promettono di scatenare un terremoto.
Il boss 55enne negli anni ’80 era considerato lo “spazzino” del clan capeggiato da Giuseppe Pulvirenti il “Malpassotu”, in quanto faceva sparire i cadaveri della gente che la cosca decideva di eliminare. Navarria, secondo quanto si apprende, avrebbe già in passato meditato sul “salto del fosso”, per approdare sulle sponde della giustizia, ma sarebbe stata la moglie a dissuaderlo.
Le sue dichiarazioni potrebbero finire nella maxi inchiesta “Orfeo” contro gli affiliati al clan Santapaola di Picanello. La decisione sulla richiesta di acquisizione degli atti spetta, adesso, al Giudice per l’udienza preliminare dopo la parola alla difesa. L’udienza è prevista per settembre.
Navarria il 22 marzo scorso, prima del coinvolgimento in “Araba Fenice”, era stato arrestato insieme ad altre 3 persone per la scomparsa e l’omicidio dell’imprenditore agrumicolo di Paternò Fortunato Caponnetto. La vittima non avrebbe dato seguito alle pressanti richieste estorsive cui era sottoposto, rifiutandosi di assumere Navarria presso la propria azienda e licenziando la moglie di quest’ultimo, in precedenza assunta fittiziamente proprio su imposizione di Navarria; fra i motivi dell’eliminazione anche i dissidi insorti con appartenenti ad un’altra cosca a causa di un debito contratto da un congiunto dell’imprenditore per il quale Navarria avrebbe fatto da garante.