Nella giornata in cui la chiesa universale e, in particolare, quella siciliana scrive tra i nomi dei beati quello del martire di mafia, sostituto procuratore della Repubblica e giudice della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento Rosario Livatino, l’omonimo comitato di Biancavilla ha inviato una nota al primo cittadino Antonio Bonanno – e per conoscenza all’assessore allo sport biancavillese ed al dirigente scolastico del “Primo circolo” – attraverso la quale viene chiesta l’intitolazione della palestra comunale della scuola “Marconi” di Biancavilla al beato Livatino.
Pubblichiamo di seguito la richiesta inviata al sindaco Bonanno.
Gent.mo Sig. Sindaco,
la realizzazione di una struttura sportiva polivalente nella nostra comunità, a beneficio della collettività scolastica, è occasione propizia per diffondere i valori dello sport, inteso come valido e sano strumento di coesione e di integrazione sociale, utile a incoraggiare una sempre più necessaria cultura del dialogo e dell’incontro rispettoso, soprattutto tra le giovani generazioni. Nella sua funzione educativa e sociale, l’attività sportiva ben si coniuga con i principi del rispetto delle regole, dell’etica della disciplina, del sacrificio, della dedizione, del coraggio, aspetti imprescindibili per garantire una serena convivenza civile. In questa direzione, prende forma una rinnovata cultura della legalità da seminare tra i più giovani, mediante modelli di vita vissuta e testimonianze di donne e uomini strenui servitori della nostra terra di Sicilia, morti per un ideale di giustizia, esplicitato in atti concreti e in scelte di campo nel contrasto alla criminalità organizzata, al malaffare, alla mentalità mafiosa.
Il ricordo del sacrificio dei nostri conterranei, quindi, non è soltanto un’adesione ai principi della legalità, come pure non può ridursi a mera formalità e a slogan vuoti, ma rappresenta un dovere morale per ciascuno di noi, al fine di custodire ed esaltare la memoria di chi ha contrastato l’indifferenza, la complicità, la contiguità al compromesso mafioso. Pertanto, chiediamo all’Amministrazione Comunale di intitolare la nuova palestra comunale al servizio della scuola elementare “Marconi”, progettata nel 2012, finanziata dal Miur nel 2017 e ormai in fase di ultimazione, alla memoria del giudice Rosario Livatino, sostituto procuratore della Repubblica e giudice della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento, assassinato la mattina del 21 settembre 1990 mentre in auto e, per sua precisa scelta, senza scorta, si recava a lavoro per celebrare un processo a carico di alcuni mafiosi.
La sua auto fu speronata dal commando omicida della “Stidda” e, dopo essere stato ferito, fu raggiunto dai mafiosi e brutalmente ucciso nel viadotto della strada statale. Livatino è stato tra i primi ad aver individuato lo stretto legame tra mafia e affari, concentrando particolarmente la sua attenzione sulle connessioni tra criminalità e imprese e, come ricorda il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il giudice ha svolto la sua attività con «sobrietà, rigore morale, fermezza e instancabile impegno, convinto di rappresentare lo Stato nella speciale funzione di applicazione della legge», ragion per cui «ricordare la vile uccisione di Rosario Livatino richiama la necessità di resistere alle intimidazioni della mafia opponendosi a logiche compromissorie e all’indifferenza che minano le fondamenta dello stato di diritto».
Il difficile momento in cui viviamo, segnato dalla pandemia in corso e da una dura crisi occupazionale e valoriale, potrebbe generare rassegnazione tra i più giovani, esponendoli ad elevati rischi che la comunità è chiamata a scongiurare con tutte le proprie forze. Per questo, il connubio sport e legalità può contribuire ad affrontare meglio le fatiche quotidiane, le relazioni con gli altri, l’impegno a scuola, in un’ottica di rispetto delle regole, per fare un gioco di squadra a vantaggio di tutti. A tal proposito, papa Francesco in un suo messaggio ricorda che «se ad una gara sportiva qualcuno si rifiutasse di rispettare la regola del fuorigioco o partisse prima del “via”, non ci sarebbe più competizione, ma solo prestazioni individuali e disordinate. Al contrario quando si affronta una gara le regole sono essenziali per vivere insieme: la felicità non la si trova nella sregolatezza, ma nel perseguire con fedeltà i propri obiettivi perché non ci si sente più liberi quando non si hanno limiti, ma quando, coi propri limiti, si dà il massimo».
Al riguardo, il giudice Livatino ricorda come proprio dal riconoscimento dei propri limiti, pure il gravoso e delicato compito di un magistrato di giudicare una persona può diventare più lieve, se «nel momento di decidere, si dimettono vanità e superbia, e si è protesi a comprendere l’uomo che si ha di fronte, giudicandolo senza atteggiamento da superuomo, ma anzi con una costruttiva contrizione». Una visione nobile della giustizia, ispirata anche da un’intima esperienza di fede cristiana. Non a caso, anche per quella coerenza tra la sua fede e il suo impegno professionale, le organizzazioni mafiose lo hanno preso di mira, definendolo, in chiave spregiativa, “santocchio”, ucciso proprio in odium fidei, come riconosciuto da papa Francesco che, a conclusione del procedimento per la causa di beatificazione, l’ha definito un “santo della porta accanto”.
Per questa ragione, la presente proposta d’intitolazione giunge proprio nel giorno in cui, nella Cattedrale di Agrigento, il giudice Rosario Livatino viene proclamato beato.