Le nuove testimonianze sull’increscioso caso, riaccendono i riflettori sulla gestione mafiosa delle morti nei centri etnei
Il programma Mediaset “Le Iene” ha riaccesso i riflettori, durante la puntata di ieri sera (14 febbraio), sulla triste vicenda dell’ambulanza della morte che ha interessato il comprensorio etneo di Biancavilla e Adrano e che nel mese di dicembre scorso ha condotto all’arresto del 42enne adranita Davide Garofalo. Per lui l’accusa è quella di omicidio volontario ai danni di tre persone anziane e malate terminali. Secondo l’accusa, Garofalo avrebbe provocato la loro morte iniettando aria nelle vene, nel corso del trasporto dall’ospedale a casa, quando mancavano, ormai, poche ore al decesso, per “rivendere” la salma alle agenzie di onoranze funebri ed intascare, per questo, un compenso. Al vaglio della magistratura una cinquantina di casi di morti sospette, di cui solo 3 accertate ed attribuite a Garofalo. Il super testimone dell’inchiesta, che durante il servizio per ragioni di anonimato viene chiamato Marco, è entrato nel sistema di protezione ed è stato trasferito in una località segreta. Nell’intervista, a volto coperto, Marco ha raccontato ancora una volta gli agghiaccianti dettagli che hanno sollevato il caso facendo scattare le indagini della Procura di Catania per mettere fine agli inquietanti eventi che avvenivano sul mezzo “maledetto”.
«C’erano queste persone, una di Adrano ed una di Biancavilla – spiega il super testimone –. Passavano dalle loro mani tutti i morti che l’ospedale produceva». Attraverso un disegno, ha poi spiegato quale fossero le dinamiche del sistema che portava alla spartizione dei defunti. «C’erano due boss di cui uno comandava per Adrano e l’altro per Biancavilla, ed ognuno di loro aveva due autisti che collaboravano. Questi due (indicando gli autisti disegnati sul foglio, ndr) avevano tutto il traffico dei morti di entrambi i paesi. Se il morto era di Adrano, questo qui (uno degli autisti, ndr) doveva contattare le agenzie che ci sono ad Adrano; se il morto era di Biancavilla, questo autista doveva smistarli qui (indicando Biancavilla, ndr)». Altro testimone è Mattia, il quale ha dovuto superare la paura di possibili ritorsioni, prima di giungere alla denuncia, che è arrivata solo dopo la morte del papà di un suo amico: «Se possono spegnere un vecchietto in un’ambulanza, perché non un ragazzo che denuncia» ha argomentato.
Se da un lato, a seguito del servizio andato in onda lo scorso anno su “Le Iene”, gran parte dei familiari delle possibile vittime si sono trincerati dietro un assordante silenzio, per paura di possibili minacce mafiose, durante la puntata di ieri è emersa una nuova testimonianza, che farebbe spostare indietro l’orologio dell’inizio degli omicidi. «Mia mamma è morta il 13 maggio 2010» dichiara, al telefono della redazione del programma televisivo, la figlia di un’altra possibile vittima di questo cruento sistema. Una morte che comunque sembrerebbe far apparire una modalità diversa, rispetto a quella dell’iniezione di aria nelle vene, riconducibile ad un possibile soffocamento con un cuscino sulla faccia. Secondo quando riferito dalla figlia dell’80enne defunta, la vittima aveva un’espressione tipica di chi fosse stata soffocata «come se uno non può respirare più. Il suo viso sembrava come se volesse prendere aria». Ipotesi che tramite le dichiarazioni del supertestimone, potrebbe essere confermata.
Anche l’associazione “Sos Racket e Usura” si era interessata del caso nel 2012, a seguito di una segnalazione anonima ricevuta, realizzando un video che riprendeva le fasi di “accordo” tra i potenziali clienti e gli ambulanzieri che stazionavano indisturbati all’interno della struttura ospedaliera, compresa la possibilità di effettuare un servizio completo che arrivasse fino al funerale. Smentita per ogni accusa sollevata da Roberta Rei, da parte dell’altro ambulanziere – che risulta essere indagato – e che continua ad operare sull’ambulanza, in maniera indisturbata all’interno della struttura ospedaliera. «Non ne so niente io. No, non ne so niente di queste cose io. Non ne ho mai fatte. Io accompagno soltanto persone a casa e basta. Io non ne faccio di queste cose perciò non mi interessano», afferma Agatino Scalisi. Una vicenda che lascia aperti ancora tanti scenari, su cui la Procura della Repubblica sta continuando ad indagare, senza escludere nessun’altra pista che potrebbe portare a nuovi arresti.