Oggi la sentenza di primo grado nel processo per l’uccisione dell’elettricista biancavillese avvenuto nella villetta delle Vigne dove risiedeva insieme alla moglie
Quattordici anni di reclusione per omicidio volontario aggravato dal rapporto coniugale. È la condanna inflitta nel primo grado del processo con rito abbreviato, dal Tribunale di Catania a Vincenzina Ingrassia, 65 anni, riconosciuta responsabile dell’uccisione del marito, il 67enne Alfio Longo, avvenuta la notte del 27 agosto del 2015. La sentenza, pronunciata dal Giudice per l’udienza preliminare Rosa Alba Recupido, innalza di otto mesi la pena richiesta dal Pubblico ministero. Il Gup ha riconosciuto alla donna le attenuanti generiche e l’attenuante di avere agito in uno stato d’ira. Questa mattina alle 9 si è svolta l’udienza definitiva del processo, aperto l’8 novembre dell’anno scorso; presente l’imputato, difeso dall’avvocato Pilar Castiglia. Il pm non ha chiesto la parola, per cui, conseguentemente, non ci sono state repliche dei legali.
Gli avvocati della famiglia Longo (Vincenzo Nicolosi e Alfina D’Oca) avevano presentato – a novembre – una memoria per chiedere l’invio delle carte processuali alla Procura per contestare all’imputato le aggravanti (in sostanza la riapertura del processo) ma all’istanza non è stato dato seguito.
Erano stati ammessi come parte civile i nipoti e la sorella della vittima. Il giudice ha pure disposto la confisca delle armi di Longo che erano state rinvenute dai Carabinieri, nella villetta delle Vigne dove si consumò il fatto di sangue. Entro 60 giorni il Gup renderà note le motivazioni della sentenza.
L’omicidio di Alfio Longo avvenne la notte del 27 agosto del 2015. L’uomo venne colpito nel sonno dalla moglie con un tralcio di vite, lo stesso ceppo con cui era stata picchiata poche ore prima. Inizialmente la donna riferì agli inquirenti che l’uccisione del marito era avvenuta per mano di una banda di rapinatori, riconosciuti da Longo e per questo finito a bastonate.
Aggiunse poi che i malviventi la trascinarono in un’altra stanza e la legarono, specificando che solo dopo alcune riuscì a liberarsi e a chiedere aiuto. Ma agli investigatori troppe cose di quel racconto non quadrarono, a cominciare dal fatto che i cani quella rimasero in silenzio, nonostante il loro solito abbaiare in presenza di estranei. E così, messa alle strette, Vincenzina Ingrassia si liberò del peso che teneva sulla coscienza raccontando di avere ucciso il marito, mentre dormiva, dopo l’ennesimo episodio di violenza subito qualche ora prima, colpendolo con lo stesso bastone di legno con cui lui l’aveva percossa. La signora aggiunse pure aver subìto violenze per quarant’anni. Nella perquisizione all’interno della villetta, i Carabinieri rinvennero venti piante di marijuana ed una stanza utilizzata per essiccare e conservare la droga, un fucile calibro 12 e una pistola automatica calibro 9.