Don Pino Salerno: «Agendo con scienza e con coscienza dove i medici lo hanno ritenuto possibile, siamo stati felici di poter curare in struttura i soggetti positivi»
Diciassette ospiti su 55 della casa di riposo biancavillese “Croce al Vallone”, sono risultati positivi al Sars-Cov-2 nelle ultime 2 settimane. Nonostante tutte le misure precauzionali adottate per contenere il contagio, la struttura non è stata , dunque, risparmiata dal Covid-19. Nel frattempo, una buona notizia sembrerebbe venire proprio in queste ore. I tamponi di controllo eseguiti, hanno evidenziato 3 negativi, segnale questo che la situazione sta lentamente ritornando alla normalità. Nelle scorse settimane, 2 ospiti della casa di riposo erano stati inoltre ricoverati in ospedale, secondo quanto disposto dai medici dell’Usca. Al momento, il quadro clinico degli ospiti ricoverati non desterebbe particolari preoccupazioni.
Gli altri soggetti risultati positivi, hanno invece presentato sintomi lievi o in alcuni casi sono risultati asintomatici. Per evitare la diffusione del virus anche agli altri ospiti della struttura di accoglienza, coloro che sono risultati positivi al virus sono stati trasferiti in una zona “Covid” appositamente allestita all’interno della stessa casa di riposo.
Le misure di contenimento del virus – precisano dalla struttura – sono rimaste invariate dall’inizio della pandemia ad oggi, con il consueto uso dei dispositivi di protezione individuali, dell’igienizzante e con l’applicazione di ogni disposizione contenuta nei decreti che si sono succeduti in questi mesi. Tutto questo, però, non è bastato a tenere il virus al di fuori della struttura. Ad oggi, non è noto quale sia stata l’esatta catena del contagio che abbia potuto portare alla positività dei 17 soggetti della struttura.
Sulla vicenda è intervenuto anche don Pino Salerno, presidente dell’Opera Cenacolo Cristo Re, «Abbiamo attraversato giorni davvero difficili, ma piano piano ne stiamo venendo fuori con la collaborazione di tutti. Voglio ringraziare in modo particolare i medici dell’Usca, che ci continuano a monitorare costantemente, il personale della struttura, che con spirito di abnegazione si è isolato insieme ai pazienti senza tornare a casa, e infine i parenti che ci hanno sostenuto. Sempre agendo con scienza e con coscienza dove i medici lo hanno ritenuto possibile, siamo stati felici di poter curare in struttura i soggetti positivi con sindrome di down e i malati psichiatrici. Tre di loro non hanno più famiglia e questa è ormai la loro casa. Un ricovero in ospedale li avrebbe destabilizzati e danneggiati sotto l’aspetto psicologico. L’affetto e la vicinanza di volti amici li hanno aiutati a guarire».