L’argomento è stato discusso durante un convegno presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Catania
Si è svolto ieri mattina, presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Catania, un convegno organizzato dagli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri, alla presenza di Antonio Pogliese, presidente del Centro di Documentazione, Ricerca e Studi sulla Cultura dei Rischi, sulle “Leve alternative al finanziamento pubblico per portare ad un reale miglioramento del sistema di prevenzione antisismica”.
Il rischio sismico è un grave problema che interessa l’intera penisola, non esclusa la città di Catania. Problema che è costantemente monitorato dall’Ateneo catanese e portato all’attenzione pubblica da ingegneri, architetti e costruttori. E, nonostante la ricerca scientifica abbia sviluppato degli ottimi risultati riguardo delle progettazioni valide per l’impiego di tecnologie strutturali innovative, l’attuale sistema di attuazione presenta gravi lacune.
«L’Amministrazione pubblica non ha risorse sufficienti per finanziare un piano generale di adeguamento del patrimonio esistente, sebbene prevenire costi molto meno che ricostruire – ha detto Antonio Pogliese –. Bisogna trovare altre leve capaci di attrarre gli investimenti da destinare alla messa in sicurezza della nostra città e del suo territori. Abbiamo individuato diverse possibili modalità alternative al finanziamento pubblico, che possono stimolare i processi economici a sostegno dell’adeguamento degli edifici privati, premialità urbane, riduzione di oneri concessori e tributari, rilascio di fideussione e coperture assicurative ».
Presenti al convegno anche Santi Cascone e Giuseppe Scannella, rispettivamente presidenti degli Ordini di Ingegneri e Architetti che si sono espressi circa le vulnerabilità dei fabbricati catanesi nell’eventualità del terremoto aggiungendo che bisogna agire con una programmazione pluriennale degli interventi, con una visione lungimirante che escluda il consumo di nuovo suolo e applichi invece un processo di rigenerazione urbana a 360 gradi.
«Non si può più procedere attraverso interventi sporadici e non connessi tra loro – ha aggiunto Cascone – serve una logica globale, integrando anche gli aspetti dell’efficienza energetica», mentre Scannella ha affermato che «la riqualificazione degli spazi deve comunque rispettare l’identità dei luoghi. Lì dove si deve ricostruire bisogna farlo mantenendo la storia e il legame con la comunità che lì vive».
Parole che suonano come una naturale conclusione alle ricerche scientifiche dei lavori introdotte dal vicepresidente del Centro Studi sui Rischi e ordinario di Psicologia Sociale Orazio Licciardello e dal presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Stefano Gresta, e coordinate dal giornalista Vittorio Romano.