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Home » Cronaca » Catania, sequestrati beni per 12 milioni. Ci sono due imprese di Belpasso e una di Motta Sant’Anastasia

Catania, sequestrati beni per 12 milioni. Ci sono due imprese di Belpasso e una di Motta Sant’Anastasia

redazione Di redazione
13 Settembre 2017
in Cronaca, Provincia
Tempo di lettura:4 mins read
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Catania, sequestrati beni per 12 milioni. Ci sono due imprese di Belpasso e una di Motta Sant’Anastasia
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Sigilli della Polizia di Stato a diverse aziende del settore rifiuti appartenenti all’imprenditore Giuseppe Guglielmino vicino a clan Cappello Bonaccorsi

Giuseppe Guglielmino

La Polizia di Stato di Catania ha sequestrato beni per un valore di oltre 12 milioni di euro riconducibili a un imprenditore vicino al clan Cappello Bonaccorsi di Catania, fra i quali sei imprese che operano nel settore del ciclo dei rifiuti. Si tratta del pluripregiudicato Giuseppe Guglielmino, 43 anni,  attualmente detenuto.
È giunta al punto l’attività investigativa-patrimoniale della task force della Polizia di Catania che ha visto lavorare fianco a fianco i poliziotti della Divisione Polizia anticrimine e della Mobile: la proposta d’irrogazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali avanzata dal Questore Giuseppe Gualtieri al Tribunale di Catania, nei confronti di Giuseppe Guglielmino è stata accolta ed eseguita.
Sotto la lente degli investigatori sono passati i beni riconducibili all’uomo, orbitante nell’area di influenza della cosca Cappello-Bonaccorsi, per il quale è stata anche richiesta la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per un congruo periodo: una misura che sarà determinata con separato procedimento.

Guglielmino è imparentato con esponenti di spicco del clan, essendo il convivente della figlia di Orazio Pardo, figura di vertice della cosca, e cugino dei pregiudicati Salvatore Trepiccione e Michele Guglielmino, anch’essi contigui al clan mafioso Cappello-Bonaccorsi. Su di lui, inoltre, gravano le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso, bancarotta fraudolenta e intestazione fittizia di beni.
Sequestrati, come detto, in vista della definitiva confisca, sei imprese tutte operanti nel settore della gestone dei rifiuti, oltre a beni immobili, autoveicoli, conti correnti e depositi per un valore di circa dodici milioni di euro.

IMPRESE
1.     Totalità delle quote ed intero patrimonio aziendale della società Geo Ambiente s.r.l., con sede legale in Belpasso e due sedi secondarie site nella provincia di Cosenza: Belvedere Marittimo (CS)  e  Sangineto (CS);
2.     Totalità dei beni aziendali e strumentali dell’Impresa individuale Consulting Business di Guglielmino Giuseppe, con sede legale in San Gregorio di Catania;
3.     Totalità delle quote ed intero patrimonio aziendale della società Clean Up s.r.l. con sede legale in Motta Sant’Anastasia;
4.     Totalità delle quote ed intero patrimonio aziendale della società Eco Logistica s.r.l., con sede legale in Aci Sant’Antonio;
5.      Totalità delle quote ed intero patrimonio aziendale della società  Eco Business s.r.l., con sede in Siracusa, e sede secondaria a Belpasso;
6.     Totalità delle quote ed intero patrimonio aziendale della società Work Uniform s.r.l., con sede legale in Catania.

BENI IMMOBILI
1.     Fabbricato sito in Catania, via delle Banane 23/A, p. 1-2;
2.     Fabbricato sito in Catania, via Francesco d’Assisi 41, p. T.;
3.     Fabbricato sito in Bronte, via Francesco d’Assisi 41, p. S1,;
4.     Fabbricato  sito in Fiumefreddo di Sicilia (CT), via Salvo d’Acquisto, s.n., p. T-1;
5.     Fabbricato  sito in Fiumefreddo di Sicilia (CT), via Salvo d’Acquisto, s.n., p. S1;
6.     Fabbricati  siti in Catania, via della Misericordia s.c. (due distinte unità immobiliari);
7.     Fabbricato sito in Catania, via della Misericordia s.c.

BENI MOBILI REGISTRATI
1 autovettura Audi S3 1.8 Turbo;
2 autoveicoli Daimler Chrysler;
1 autovettura Alfa Romeo;
1 autovettura Mercedes;
1 autovettura Fiat Punto;
1 autocarro  Fiat Fiorino
1 autocarro Peugeot;
1 autocarro Unic 190;
2 autovettura Fiat 500;

L’indagine, la cui difficoltà è stata determinata dalla fitta rete di “prestanome” utilizzata per proteggere e gestire in anonimato le aziende operanti nel lucroso settore della gestione ambientale, ha avuto come target iniziale l’evidenza della sproporzione tra i redditi e i possedimenti formalmente dichiarati da Giuseppe Guglielmino e dal suo nucleo familiare e le reali capacità di produrre tali ricchezze.
E, ferma la contiguità ad ambienti mafiosi del soggetto esaminato, il passo successivo ha visto gli investigatori impegnati nella ricostruzione delle fila che hanno permesso di ricondurre l’effettivo controllo delle imprese e dei beni sequestrati in capo a Guglielmino il quale, attraverso investimenti e articolate operazioni finanziarie di dubbia liceità, ne traeva illecitamente cospicui profitti.

Gli elementi investigativi raccolti a suo carico disegnano la figura di un soggetto socialmente pericoloso, scaltro e particolarmente attento agli affari, con investimenti di denaro orientati alla costituzione di numerose società, generalmente afferenti il settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti, un ramo altamente remunerativo e notoriamente appetibile alla criminalità organizzata, la cui valenza sociale – peraltro – è determinata sia dall’impatto diretto sui cittadini i quali sono, in ultima analisi, coloro i quali, con il versamento delle imposte, finanziano le attività di questo settore, sia dalle pericolose conseguenze in campo economico, vista la spregiudicatezza con cui il Guglielmino poteva agevolmente aggiudicarsi appalti, minando pericolosamente l’economia sana del territorio.

Particolarmente attento e oculato, il pregiudicato è risultato nella gestione dei ricchi proventi di queste attività, investiti in beni mobili e immobili, intestati fittiziamente a terzi, per lo più parenti, ma inequivocabilmente nella sua disponibilità.
Un costrutto di particolare pregio, quello realizzato dagli investigatori che si muovono nel più difficile campo delle misure di prevenzione, dove l’obiettivo delle indagini è, in definitiva, il complesso di quelle azioni di un soggetto che ne determinano la pericolosità sociale e che, di per sé, il più delle volte non costituiscono reato.
Il banco di prova sarà il vaglio della Magistratura per l’adozione della confisca dei beni sinora sequestrati: la solidità delle argomentazioni, ampiamente documentate nell’informativa della Questura, non lascia campo a dubbi.

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