Una macchina laboriosa, spesso silenziosa, il cui unico compenso si racchiude in un semplice “grazie” o in una pacca sulle spalle. Un motore importante, quello del volontariato italiano, formato oggi da circa 5 milioni e mezzo di persone che quotidianamente dedicano il loro tempo libero agli altri. Solo nel mondo della Protezione Civile, sono circa 5 mila, in Italia, le organizzazioni di volontariato che accolgono al loro interno migliaia di volontari pronti a supportare gli enti istituzionali durante le principali emergenze che con quotidianità si abbattono sul territorio nazionale.
Volontari con un cuore infinito, che dal settore sanitario ai servizi antincendio, proprio in queste giornate di emergenza legata alle elevate temperature, stanno supportando i Vigili del Fuoco e la Forestale nelle azioni di spegnimento dei tanti roghi che stanno devastando la Sicilia. Ma dietro a quei caschi protettivi, su quei mezzi arancioni marchiati Dipartimento Regionale di Protezione Civile che sfrecciano a sirene spiegate, sotto quelle pesantissime tute protettive o dentro quelle ambulanze, ci sono tanti ragazzi – e non – che quotidianamente si mettono al servizio della collettività rinunciando ai propri interessi o rubando tempo agli amici.
Ma finito il servizio, spesso dopo ore ed ore estenuanti sul fronte degli incendi, ci si ferma seduti su un muretto tra le sterpaglie ancora fumanti o all’interno del veicolo di soccorso, per fare i conti con se stessi. Perché, nonostante tutto, anche se si indossano dei “costumi” chiamate divise, nessun volontario è un supereroe. E sono i pensieri e le riflessioni, in quei momenti – dopo aver domato le fiamme o soccorso un ferito – che invadono la mente, imponendo un’analisi di ogni scena, di ogni scelta compiuta, che ti porteranno a dover fare sempre meglio. E potrebbero esserci anche i fallimenti, tra gli elementi da dover analizzare in un’emergenza, che bruciano dentro ogni volontario più di un rogo e che pesano come un macigno grande quanto una montagna. Tutto questo, prima che scatti la prossima chiamata che ti porterà verso nuovi scenari e verso nuove sfide.
“Albè, ma chi te lo fa fare?” Inizia così la riflessione di Alberto Zingales, volontario dell’associazione “Protezione Civile Adrano” presieduta da Marcello Santangelo che è oggi – insieme a tante altre sigle – uno degli enti di terzo settore di Protezione Civile più attivo sul territorio etneo. Una riflessione, quella affidata da Alberto alla propria pagina Facebook, che può rappresentare anche la riflessione di Francesco, Giovanni, Carmela, Maria, che in ogni parte di questa martoriata nazione, mettono da parte un pezzo di loro stessi per donare del tempo agli altri. “Dimmi, chi te lo fa fare?” continua il post del volontario di Adrano. Una domanda, questa, che tutti i volontari hanno sentito rivolgersi almeno una volta durante la propria vita all’interno di un’associazione, da parte di chi non ha mai provato la bellezza del “donarsi”.
“Il fetore ed il puzzo che attecchiscono sulla pelle le tossine depositate sui capelli e sugli indumenti, il rischio, il calore, il sudore, l’affanno, la confusione” si legge ancora nel post, che da li a poco è un crescendo anche di amarezza. “E poi le derisioni, ci sono anche quelle, da parte di gente che costruisce complotti e fantasie, a volte anche da appartenenti a corpi dello Stato; chi pensa che il volontario sottragga il lavoro, chi pensa che qualche meccanismo avverso porti forme di guadagno, chi ti reputa un ragazzino che con una lancia in mano getta acqua a casaccio mentre in realtà bisogna valutare decine di fattori..
Beh Albé, ma ne vale la pena? Chi lo merita? Eppure ieri (venerdì, ndr), abbiamo salvato una parte di un’attività lavorativa e protetto due abitazioni, fino allo stremo, fino a quando le fiamme hanno avuto paura di noi. Così hanno fatto altre decine di volontari, operai forestali, ispettori del Corpo Forestale e Vigili del Fuoco. Al termine, fra le ceneri della propria attività, un signore si avvicina e mi regala, in silenzio, una pacca sulla spalla. Quella pacca è il motivo per cui oggi, ancora una volta lascerò perdere tutto il resto e salirò di nuovo sul mezzo, di corsa, a fare quel che si può da qualche parte, di nuovo”.
“Beh Albé” – ma anche Francesco, Giovanni, Carmela, Maria – che oggi rappresenti tutti i volontari, indistintamente dal colore della divisa o della sigla associativa, ti diciamo “non ti fermare e continua a fare, perché l’Italia ha bisogno anche di te”.