
L’approfondimento di Rai 3 “Buongiorno Sicilia” ha mostrato il territorio sospeso fra vulcano e fiume che mostra innumerevoli tratti unificanti per le cittadine che vi si estendono
Il fiume Simeto, nell’antichità, è stato culla di civiltà, luogo d’incontro e di interculturalità per i vari popoli che, nel corso dei secoli, si sono stanziati nella sua Valle dominata dall’Etna. Un territorio, oggi definito Simetino-Etneo (di cui recentemente si è interessata Rai 3 con l’approfondimento giornalistico di “Buongiorno Sicilia”, al quale hanno partecipato rappresentanti della Soprintendenza per i Beni culturali ed ambientali di Catania e di SiciliAntica di Adrano e Paternò) dove il fiume ed il vulcano non sono stati solo elementi naturali che hanno reso fertile il territorio, ma simboli mitologici e princìpi di sacralità che ne hanno caratterizzato l’identità.
In questa prospettiva, sul modello degli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa (“I cammini dell’arte rupestre preistorica”, “L’itinerario delle fortificazioni” ed altri), si può superare ogni campanilismo per riscrivere una storia della Valle iniziando dai siti preistorici distribuiti, lungo il fiume, e adagiati sui pendii meridionali delle collinette (da Poggio Monaco e Poggio Cocola fino al Mendolito) che li aprono al sole proteggendoli, d’inverno, dai freddi venti settentrionali.
Rivediamo i riti d’inumazione nelle tombe a forno e quelli propiziatori o di scongiuro testimoniati dalle ceramiche impresse con il motivo dell’occhio ciliato. Ascoltiamo, ancora, i vocii degli assembramenti, presso il riparo Cassataro probabilmente, nel neolitico, luogo sacro per la presenza delle misteriose pitture rupestri in ocra.
I Greci colonizzatori, hanno unito, poi, nei loro miti gli elementi della natura assimilando Adranos, divinità sicula, ad Efesto dio del Fuoco. Hanno rappresentato il Simeto come “re dei fiumi” e venerato le sorgenti protette dalle ninfe acquatiche. Adesso Symalis, dea sicula della fecondità, terracotta della prima metà del V secolo, ritrovata alla foce del Simeto, è esposta al Museo di Adrano, mentre le ninfe banchettano, ancora, nella Valle: rese, nei secoli, immortali dal poetico epigramma di Filippo di Tessalonica (I sec. d. C.).
Presso il fiume Simeto bivaccò l’esercito ateniese, proveniente da Kentoripa, prima di incendiare i campi di grano di Inessa e Ibla illuminando le vie della ritirata. In questa Valle i frombolieri romani sconfissero le turbe degli schiavi rinchiusi, poi, nell’Ergastulum.
Attraverso i ponti di questa Valle transitò anche l’imperatore Adriano quando nel 128 d. C., a metà strada da Centuripe, sede della nobile famiglia dei Falcones, s’inoltrò, con il suo seguito, su per le foreste verso la sommità dell’Etna. Proprio un inno alla bellezza e rigogliosità di questo fertile territorio simetino era stato innalzato, dall’alto dell’acropoli di Ibla, dall’anonimo poeta del Pervigilium Veneris.
Si dovrebbe, quindi, scrivere non un storia dei singoli Comuni ma una storia della Valle che metta in evidenza gli elementi di unità che ne hanno determinato l’identità o le eventuali divergenze che l’hanno contrastata.