Riceviamo e pubblichiamo una lettera scritta da una ragazza sulla Giornata internazionale della donna
Al di là delle inesattezze storiche in cui, ancora oggi capita di imbattersi, Giornata internazionale della donna ha una cronologia ben precisa: fu lanciata nel 1909 dal Partito socialista americano che organizzò la prima manifestazione delle donne per parlare di diritti e di voto per il 28 febbraio.
Divenuta ormai una giornata di trasgressione, le donne si cimentano in balli provocanti, stando ben attente a mostrare la coscia. Attente, oggi non si festeggia la femmina, ma la Donna. Nella società medievale la donna ricopriva un ruolo marginale, strumento per procreare prole e occuparsi di mansioni domestiche.
Le donne non avevano alcuna indipendenza intellettuale. Di quest’ultima si potrà cominciare a parlare solo nel tardo Ottocento, grazie alle prime “donne della storia”, che con tenacia riuscirono a completare gli studi ed entrare nel corpo docente.
Ebbene sì, pensiamo che tutto ciò che possediamo ci è dovuto, che sì, è normale poter uscire di casa da sole, passeggiare e sentirsi semplicemente libere. È così normale potersi definire indipendenti, poter scegliere la vita che vogliamo. Ed è ancora più normale avere un certo spessore nella società. E pensare che circa cento anni fa tutto ciò era considerato un’utopia da quelle donne che crearono delle associazioni per poter trasformare un sogno in realtà.
Stupido da parte loro sperare di poter cambiare il mondo, di voler realizzare quel grande piccolo sogno. No donne, non tutto ci è dovuto. Ricordate chi siete, cosa le nostra antenate hanno fatto e per cosa hanno combattuto. Non rendiamo tutto vano . Non utilizziamo la nostra immagine per poter essere accettate, ricordate.
Tocca a noi combattere, tocca a noi ricordare che non siamo solo forme, ma che la nostra mente è capace di cose straordinarie. Non stereotipiamoci, andiamo oltre. Seguiamo un sogno ancora più grande , ricordando le lotte fatte in nome della libertà: “Non sottovalutate mai il potere che abbiamo di essere artefici del nostro destino”.
Michelle Recupero