«Al Qè lavoravano anche padri e madri di famiglia; laureati che hanno messo da parte i loro sogni professionali per una sicurezza “economica”»
Lettera degli ex lavoratori del call center Qè di Paternò a diverse autorità fra cui Ministro dello sviluppo economico e Presidente della Regione Siciliana per chiedere un epilogo positivo alla loro vicenda.
Al Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda
Al Viceministro dello Sviluppo Economico, Teresa Bellanova
Al Presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta
All’Assessore alle Attività Produttive Regione Sicilia, Maria Lo Bello
Al Prefetto di Catania, Silvana Riccio
Al Sindaco di Paternò, Mauro Mangano
Per conoscenza alle massime Istituzioni nazionali e regionali
Ai deputati nazionali e regionali
(…) per ben otto anni ho lavorato al call center Qè di Paternò, in provincia di Catania.
Fino a pochi mesi fa mi ritenevo fortunato ad avere un lavoro, con uno stipendio regolare. Purtroppo questa certezza lavorativa è svanita, risucchiata da una gestione scriteriata e truffaldina della azienda suddetta, finalizzata esclusivamente all’arricchimento personale del nostro ex datore di lavoro.
So bene che le Istituzioni sono a conoscenza delle difficoltà in cui versa la popolazione del Mezzogiorno nel trovare un impiego.
Forse però non sanno che al Qè lavoravano anche padri e madri di famiglia; laureati che hanno messo da parte i loro sogni professionali per una sicurezza “economica”; persone diversamente abili che avevano l’occasione di mettere in gioco se stessi in campo professionale; giovani donne e uomini che hanno costruito nuove famiglie contando sugli introiti del proprio lavoro.
Tutti noi ci ritenevamo fortunati perché sapevamo che in un paese come il nostro, Paternò, e un po’ in tutta la Sicilia, le realtà lavorative sono limitate; le attività commerciali sono molto spesso a conduzione familiare; gli stipendi sono bassi e spesso tardano ad arrivare. Senza considerare poi, la grande piaga del lavoro nero.
Questa fortuna, che dovrebbe essere un diritto, purtroppo è terminata.
L’assenza di tutele nel settore delle Telecomunicazioni ha permesso al nostro ex imprenditore di ridurci così.
Le gare al massimo ribasso spingono le committenti a delocalizzare o a subappaltare ad imprese, che hanno come unico obiettivo quello di lucrare il più possibile, per poi lasciare affondare la nave, non pagando contributi, tasse, stipendi e Tfr.
Esattamente come è successo agli ex lavoratori del call center Qè di Paternò.
Tutti questi lavoratori oggi si sentono affranti e disillusi verso il futuro, ma non hanno intenzione di arrendersi di fronte a questa situazione e sperano di avere GIUSTIZIA con l’aiuto delle Istituzioni.
Dopo 10 anni, abbiamo acquisito una professionalità che merita di essere ancora valorizzata, pertanto chiediamo alle Istituzioni di fare quanto possibile per garantire il nostro impiego per le commesse afferenti ai servizi per l’Inps, per l’Enel, per Wind e Sky.
Chiediamo di interloquire nuovamente con i vertici più alti delle Istituzioni per arrivare ad un epilogo positivo della vicenda.
Chiediamo che ci venga restituito un nostro diritto: il nostro lavoro che in questi anni abbiamo condotto diligentemente e professionalmente, anche quando, nell’ultimo periodo, non ci pagavano gli stipendi.
Fiduciosi e speranzosi, chiediamo di accelerare i tempi.
Il 28 Novembre siamo stati licenziati, dopo mesi di battaglie stremanti. Abbiamo organizzato manifestazioni, sit in, flash mob.
Non passa giorno in cui non pensiamo a quello che abbiamo subito. Siamo stanchi.
Vogliamo voltare definitivamente pagina. Vogliamo ripartire con una nuova realtà imprenditoriale, seria ed affidabile.
Sappiamo che state lavorando per noi.
Rimaniamo pertanto in attesa di convocazione da parte della Regione.
Personalmente e a nome di tutti i colleghi,
Vi ringraziamo.