Non accertato collegamento fra i fenomeni dei vulcanetti e l’attività sommitale. Bocca di 4 metri al sito di Paternò
Etna e Salinelle: la natura, in provincia di Catania, dà spettacolo. Non sappiamo se fra l’eruzione del “gigante” e le manifestazioni dei vulcanetti di Paternò ci sia un collegamento, fatto sta che appena l’Etna decide di ritornare in attività – per la verità non si ferma mai – le Salinelle rispondono.
Insomma se le ultime notti sono state rischiarate dal rosso delle fontane di lava, il giorno vede ribollire i vulcanetti all’ombra del castello normanno. Una nuova bocca di fango – dal diametro di circa quattro metri – si è aperta lunedì 27 febbraio e da quel giorno è attiva costantemente. Fango pure dalle pozze manifestatesi più di un anno fa in via Salso, a ridosso dal sito di interesse geologico nel cortile di una abitazione privata.
In un controllo della temperatura eseguito sabato scorso da alcuni geologi sarebbe emerso che l’acqua fangosa che fuoriesce dai vulcanetti raggiunge la temperatura di 37 gradi. Nel regno delle ipotesi il possibile collegamento fra i fenomeni eruttivi di Etna e Salinelle. Da quanto emerge dagli studi, i gas che alimentano le Salinelle si troverebbero ad una profondità di oltre dieci chilometri, mentre la camera magmatica da cui trae forza ed energia l’attività stromboliana si troverebbe più vicina alla superficie.
Intanto sull’Etna l’attività stromboliana e l’alimentazione della colata sembrano perdere vigore.
Nell’ultimo report sull’attività in corso, (della sera del primo marzo) l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Osservatorio etneo di Catania scrive:
“In tarda serata (del primo marzo n.d.r.), l’attività mostrava un netto decremento, accompagnata da una rapida diminuzione dell’ampiezza del tremore vulcanico”.
Così l’Ingv ricostruisce le ultime tre giornate:
“Nel tardo pomeriggio del 27 febbraio 2017, l’attività stromboliana che era cominciata il 20 gennaio alla bocca posta sulla ex “sella” fra il vecchio e il nuovo cono del Cratere di Sud-Est (SEC) dell’Etna si è rapidamente intensificata, e un trabocco di lava ha alimentato una colata che si è riversata sul fianco meridionale del SEC.
Questo episodio eruttivo, il primo evento significativo dopo le eruzioni sommitali di maggio 2016, è tuttora in corso (tarda serata dell’1 marzo 2017), anche se in diminuzione.
Il trabocco lavico è incominciato poco dopo le ore 17:00 UTC (= ore locali -1) del 27 febbraio; inizialmente la colata è avanzata rapidamente sul ripido fianco del cono del SEC, però ha rallentato dopo aver raggiunto il terreno pianeggiante alla base del cono, espandendosi lentamente verso sud-sudovest, in direzione dell’antico cono di Monte Frumento Supino. Nella notte del 27-28 febbraio, l’attività era caratterizzata da frequenti esplosioni stromboliane, che hanno lanciato frammenti lavici incandescenti fino a 200 m di altezza sopra la bocca, mentre continuava il trabocco lavico.
Durante un sopralluogo effettuato da personale INGV-OE nella giornata del 28 febbraio, l’attività andava avanti con modeste fluttuazioni, e si notavano sporadiche emissioni di vapore e cenere marrone (materiale roccioso vecchio polverizzato) da più punti nel Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC), la cui ultima attività era avvenuta dal 6 all’8 dicembre 2015.
La colata lavica stava lentamente avanzando sulla neve a monte di Monte Frumento Supino, con il fronte più distante a circa 2800 m di quota, avendo percorso circa 1.2 km dalla bocca eruttiva. Intorno alla bocca eruttiva si stava formando un cospicuo cono piroclastico, che superava in altezza i punti più alti del SEC e del NSEC, a circa 3290 m.
L’attività continuava con caratteristiche sostanzialmente uguali durante l’1 marzo. Il fronte lavico più avanzato si era fermato a circa 2700 m di quota e poco più di 1.5 km di distanza dalla bocca eruttiva. Il nuovo cono piroclastico continuava a crescere rapidamente sia di altezza sia di larghezza, e la sua base orientale cominciava a riempire la depressione craterica del NSEC”.