Si tratta di Antonino Barbagallo e di Samuele Cannavò accusati di aver eliminato “Saddam” il 20 gennaio 2018 a Ramacca
Due persone, entrambe paternesi, sono state arrestate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania, su delega della Procura distrettuale, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, per l’omicidio del 33enne Emanuele Pasquale Di Cavolo (detto “Saddam”), anch’egli paternese, rinvenuto cadavere il 20 gennaio 2018 a Ramacca (rileggi l’articolo sull’omicidio).
Si tratta di Antonino Barbagallo (43 anni) e di Samuele Cannavò (di 22), ritenuti gli autori dell’esecuzione, accusati di concorso in omicidio, porto e detenzione illegale di arma comune da sparo, con l’aggravante di aver agito con premeditazione e con crudeltà e di aver commesso il fatto per agevolare e rafforzare l’associazione mafiosa di appartenenza denominata clan “Laudani” intesi “Mussi i ficurinia”, gruppo Rapisarda operativo a Paternò, facente capo a Salvatore Rapisarda, attualmente detenuto al regime del 41 bis O.P.
GLI ARRESTATI
Le indagini, affidate al Nucleo investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, hanno trovato riscontro anche nell’inchiesta antimafia “En Plein 2” (all’art.416 bis c.p.) nei confronti del gruppo mafioso Laudani stanziato nel territorio di Paternò (rileggi l’articolo su “En Plein 2). Nel corso di questa indagine sono emersi assidui rapporti di frequentazione tra la vittima ed alcuni esponenti del clan, tra i quali Barbagallo e Cannavò.
Ricostruiti gli ultimi giorni di vita di Di Cavolo e i rapporti con gli altri affiliati, i quali, in tempi immediatamente precedenti l’omicidio, avevano manifestato malumori per la sua condotta, che li aveva indotti a ritenerlo soggetto inaffidabile, per l’abitudine a parlare troppo e di mettere in giro voci denigratorie nei confronti degli altri affiliati. Da qui la decisione di eliminare il 33enne, portandolo in località distante da Paternò e dall’area di operatività della cosca Rapisarda.
Antonino Barbagallo e Samuele Cannavò sono chiamati a rispondere dell’omicidio, con le aggravanti della premeditazione, di aver agito con crudeltà verso le persone, avendo colpito la vittima con ripetuti colpi di pietra, al punto da renderne irriconoscibili i tratti somatici, nonché di aver commesso il fatto con metodo mafioso per agevolare e rafforzare l’associazione mafiosa dei “Mussi ‘i ficurinia” operante a Paternò.
L’attività investigativa ha consentito di accertare, inoltre, grazie alle indagini balistiche delegate ai Carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche di Messina, che la pistola utilizzata per l’omicidio era già stata utilizzata in occasione di una tentata rapina consumata il 30 dicembre 2017 ai danni dei titolari di un distributore di carburante di Paternò, fatto per il quale il Cannavò è sottoposto a processo.
Accertata la perfetta corrispondenza tra l’ogiva rinvenuta in sede di autopsia sul cadavere della vittima, i due proiettili rinvenuti sulla scena dell’omicidio, e l’ogiva rinvenuta sul luogo della tentata rapina, a riprova del fatto che il materiale balistico era stato esploso da un’unica arma. Altri accertamenti tecnico scientifici compiuti sui campioni ematici rinvenuti sulla scena del delitto, hanno consentito di attribuire una delle tracce a Barbagallo. Il provvedimento restrittivo è stato notificato ad entrambi gli indagati in carcere in quanto detenuti dal 19 giugno 2018 perché colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip nell’ambito di “En Plein 2”.
L’operazione antimafia ha permesso la cattura di 19 appartenenti alla componente del clan Laudani operante nel territorio di Paternò, tutti chiamati a rispondere dei delitti di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, tentata rapina, porto abusivo e detenzione illegale di armi. L’operazione si inquadra in un’ampia strategia di contrasto della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania e dei Carabinieri del Comando Provinciale che ha consentito, negli ultimi anni, grazie alla esecuzione di diversi provvedimenti restrittivi, di disarticolare il gruppo “Laudani” di Paternò.