Dopo un anno la statua ha fatto ritorno nella chiesa madre di Santa Maria dell’Alto dove è stata svelata alla presenza dei fedeli
Continua a Paternò l’attività per il recupero del ricco patrimonio artistico religioso. L’ultimo restauro è storia di questi giorni e riguarda il simulacro di San Vincenzo diacono e martire, compatrono della città con Santa Barbara. I lavori sono durati circa un anno, e la statua restituita quanto più possibile alla sua forma originaria, è stata presentata alla collettività con il rito della svelata nella chiesa madre di Santa Maria dell’Alto. L’occasione è stata data dalla solenne concelebrazione liturgica a cui ha preso parte il Capitolo collegiale lo scorso 22 gennaio, festa del santo.
In tale occasione don Salvatore Patanè, prevosto parroco – sottolineando come il recupero della statua rappresenti un’ulteriore “pietra” che si aggiunge alla ricomposizione della storia della Matrice, e pertanto delle origini identitarie della comunità ecclesiale paternese – ha ringraziato nella persona di don Nunzio Chirieleison la Caritas vicariale, la quale nel quarantennale della sua fondazione ha finanziato il lavoro. Il restauro della scultura, che ha avuto come direttore l’architetto Antonio Caruso e la collaborazione della Commissione cultura di Santa Maria dell’Alto, è stato effettuato da Giuseppe Giuffrida di Mascalucia.
Tecnicamente si è trattato di un intervento che ha riservato alcune sorprese interessanti per la ricostruzione storica di questo oggetto di culto, nonché per la storia della devozione legata a San Vincenzo. La statua era stata datata dalla Soprintendenza per i Beni culturali di Catania agli anni venti del Novecento; diversamente, il restauro ha permesso di retrodatare l’opera alla seconda metà del Settecento. Come ci ha spiegato il restauratore, la scultura – che è alta ben 190 centimetri – fu realizzata in legno di mogano e subì un grossolano intervento di restauro negli anni venti del Novecento (da parte dell’artista Giuseppe Sarpietro) attraverso la copertura della scultura con diversi strati di gesso e una scadente ridipintura.
La statua era molto danneggiata anche nella sua struttura, fessurazioni e profonde tarlature hanno reso necessario il consolidamento del manufatto con interventi idonei. Successivamente si è proceduto a colorare gli incarnati e le vesti liturgiche del santo con colori a tempera ed olio. Particolarmente delicata è stata la ricomposizione decorativa della dalmatica rossa, sotto la superfetazione degli anni venti sono emersi frammenti dell’originaria decorazione settecentesca.
Queste tracce hanno consentito di ricostruire la composizione decorativa con l’utilizzo di oli, foglia d’argento e d’oro punzonata e meccatura colorata, le rifiniture della statua sono state eseguite con cera d’api. Il restauro della statua di San Vincenzo, oltre a un lodevole esempio d’intervento volto al recupero del patrimonio della città, e di conseguenza alla restituzione di un frammento della sua storia, segna un ulteriore passo al rafforzamento del culto verso questo santo, a lungo accantonato se non addirittura dimenticato.