Nota della Camera del Lavoro di Catania e della Slc: «Regole certe di partecipazione e acquisizione partendo dalla tutela lavoratori, licenziati per la mancanza di controllo»
Lo spostamento del “tavolo nazionale” della vertenza del call center di Paternò Qé (che ha licenziato in questi giorni 600 lavoratori a tempo indeterminato e a progetto) presso la Regione Siciliana per ricercare aziende che intendono partecipare al salvataggio lavorativo e sociale dell’azienda, per la Cgil e la Slc-Cgil di Catania è «sicuramente una notizia positiva» ma non basta alla luce del nuovo bando di gara dell’Inps che non menziona la salvaguardia occupazionale dei lavoratori in subappalto e l’applicazione della clausola sociale.
Per il Segretario generale della Cgil di Catania, Giacomo Rota, e per il Segretario generale della Slc, Davide Foti “la vertenza resta aperta”. «Il tavolo di confronto – si legge in una nota a firma di Rota e Foti – alla Regione punta a trovare soluzioni per ridare occupazione ai 600 lavoratori dell’ex call center Qé. È assurdo che gli imprenditori in questione non abbiano ancora trasferito i libri in Tribunale per avviare il fallimento, così come chiesto con forza anche dal vice ministro Bellanuova nell’ultimo incontro svolto al Ministro per lo Sviluppo economico.
Siamo quantomeno perplessi – continuano i due sindacalisti – di fronte al fatto che una gara importante come quella che ci sarà per assegnare la commessa Inps, Inail e Equitalia, non garantisca i nostri lavoratori che da 10 anni svolgono questo servizio per milioni di cittadini italiani. Le istituzioni nazionali devono intervenire con la massima urgenza e apporre regole certe di partecipazione e acquisizione partendo dalle ragioni sociali e dalla tutela lavoratori che incredibilmente sono stati licenziati proprio per la mancanza di controllo da parte di questa committente. Facciamo un appello ai nostri parlamentari regionali e nazionali nonché alle istituzioni che ci rappresentano, per intervenire subito. Interpreteremo la loro assenza di intervento come una complicità nei confronti di chi ha voluto questo scempio sociale nei nostri territori. Non vogliamo proclami ma fatti – concludono Rota e Foti – e non molleremo la prese e soprattutto continueremo a tutelare questi lavoratori».