Avviate ieri le procedure di licenziamento collettivo. Nella sua drammaticità, l’atto apre a nuove soluzioni
Si terrà domani alle 12 in Prefettura a Catania, l’incontro indetto dal Prefetto Maria Guia Federico sul call center, o forse sarebbe meglio parlare di ex call center, Qè di Paternò, richiesto dal Sindaco Mauro Mangano e a cui parteciperanno, insieme al primo cittadino, anche i sindacati ed i rappresentanti societari. E a sostenere la delegazione trattante, in mattinata, con inizio alle 11, i lavoratori si ritroveranno dinanzi la Prefettura per un sit in.
Di ieri la notizia dell’avvio della procedura di licenziamento collettivo per cessazione attività per un numero complessivo di 233 dipendenti (vai al documento). Un atto drammatico che, tuttavia, fa chiarezza ed apre le porte alla mobilità per i lavoratori i quali, nello stato in cui erano, non potevano accedervi né, tantomeno, cercare un altro lavoro. Da ricordare che la vicenda non riguarda soltanto i 233 licenziati, ma anche altri 400 operatori a progetto.
I lavoratori hanno accolto con sollievo l’avvio della procedura, peraltro richiesta nelle scorse settimane dagli stessi sindacati i quali hanno sostenuto che solo chiudendo l’esperienza Qè si potrà dare inizio al futuro. Come si ricorderà esiste sul tavolo una ipotesi di nuova società, di servizi diversi, promossa dalla Di Bella Group. In prospettiva si chiede l’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico per far approdare la vertenza a livello nazionale.
Di seguito la lettera inviata dai lavoratori al Prefetto di Catania Maria Guia Federico
Al Prefetto di Catania
Maria Guia Federico
Illustrissimo Prefetto
Com’è ben noto, 600 famiglie rischiano il posto di lavoro: una situazione debitoria fuori dal normale, un buco di 6,5 milioni di euro, una proprietà per niente cristallina, l’ennesimo caso di mala gestione. Rimasti nel limbo, senza stipendi e senza ammortizzatori sociali, ci definiamo “lavoratori senza lavoro”.
Essere lavoratori senza lavoro, come nel nostro caso, significa non avere i soldi per comprare beni di prima necessità; significa non avere i soldi per compare delle medicine in caso di necessità negando così il diritto alla salute; significa non poter comprare i libri di scuola ai propri figli; significa non poter pagare tasse universitarie, bollette, assicurazioni, mutui ed affitti, finanziarie e cessioni del quinto; significa vivere nella miseria.
I dipendenti del QÉ vivono da 6 mesi come esiliati.
E intanto sale a 38 il numero dei dipendenti costretti a dare le dimissioni per giusta causa per attingere alla Naspi; da sommare alle dimissioni di massa di quasi la totalità dei collaboratori a progetto.
Non c’è più tempo da perdere. Siamo al collasso economico. Le nostre battaglie le abbiamo fatte. Un suo intervento può anticipare tutti i tempi burocratici, le chiedo chiedo pertanto udienza. Anche il nostro sindaco le ha inviato una nota a riguardo.
In attesa di risposta. Grazie.