Francesco Sandrelli, di Camucia, una frazione del comune di Cortona (provincia di Arezzo in Toscana), pittore e poeta di 53 anni, è morto il 24 marzo in un ospedale romano dopo quasi due mesi di agonia per le ustioni che non gli hanno lasciato scampo.
Il 6 febbraio del 2023 la sua vettura prese fuoco sul Grande Raccordo Anulare di Roma e Francesco era riuscito ad accostare in corsia di emergenza, scendendo dall’auto nonostante le fiamme gli avessero attaccato i pantaloni, ma in poco tempo queste dal basso lo hanno avvolto per tutto il corpo.
Un giovane automobilista, Adriano S. si trovava a passare, insieme a tanti altri che non si sono fermati. Vede la scena e la riprende con il telefonino per poi postare il video online che è stato condiviso da centinaia di utenti. Descrisse le sue sensazioni cui alcuni in diretta “A zì, che ha pijato foco?”. E ancora: “Senti che callo, mamma mia” per poi anche realizzare un post su Facebook “Lui non stava sdraiato in terra. Diciamo che era una situazione strana. Magari poteva fare qualche gesto strano e peggiorare le cose. E poi c’erano i carabinieri incolonnati in auto non lontano da me”. Il video divenne subito “virale” per poi essere tutto cancellato.
“Francesco poteva salvarsi se qualcuno degli automobilisti si fosse fermato e lo avesse aiutato, magari gettandogli una giacca sopra le gambe”. Alberto Sandrelli è un padre che prova ad andare avanti nonostante il dolore che spezza il fiato. Non ha mai voluto vedere il video girato da un automobilista proprio mentre suo figlio era ridotto a una torcia umana, accanto all’auto avvolta dalle fiamme.
Al funerale di Francesco durante l’omelia il parroco congolese, affiancato dal Vescovo emerito Italo Castellani ha detto “Abbiamo perso dignità e umanità”.
I magistrati della Procura di Roma, hanno avviato due indagini, rispettivamente per accertare le cause del rogo e per omissione di soccorso e l’accusa potrebbe conseguentemente estendersi ad essere implicitamente responsabile della morte del 53enne Francesco.
Adesso l’autore di quel filmato corredato da commenti e postato sul sito Welcome to favelas (poi cancellato per la crudezza delle immagini) ha ormai un nome e un cognome. Dopo settimane di ricerche, gli uomini della Polstrada sono risaliti a lui seguendo la traccia che ha lasciato sui social, nei quali raccontava di essere lui l’autore del video. Lo faceva inserendosi tra i commenti su Facebook alla scena di quel tragico 6 febbraio mentre Francesco bruciava vivo.
L’OPINIONE
Nella nostra cosiddetta civiltà qualcosa evolutivamente sta andando storto. La nostra specie di primati-umani è sopravvissuta ad ogni genere di avversità principalmente perché il reciproco soccorso ci ha socialmente protetto anche nei peggiori momenti. Adesso è venuta l’era culturale dell’individualismo sfrenato. La responsabilità principale, a mio avviso, è degli incancreniti annosi trasversali “Piani Alti” di: Stato, Regioni, Enti vari e locali, Istituzioni e Burocrazia, con i loro comportamenti, messaggi a parrocchetto, indolenza, insulsaggine, inconcludenza, smodatezza, cinismo, arroganza, sprezzo, ipocrisia e trita magniloquenza. Segue conseguentemente in modo emulativo nella società, scuola, università, media, ordini professionali, associazioni di categoria e cosiddetta società civile: carenza di etica e deontologie, opportunismo, mistificazioni, omertà, elusività, indifferenza e insofferenza. Non si può provare che dolore per Francesco e sgomento per come siamo divenuti o lo stiamo diventando e, senza forse, aspetto ancora più inquietante, neanche riuscire più ad averne consapevolezza e generale capacità di reazione.
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