Coinvolto in una vicenda giudiziaria da cui è uscito estraneo, lo storico Comandante della Stazione di Aci Sant’Antonio si è ammalato sino a lasciare i suoi cari poche settimane fa. Il figlio Marco lo ricorda
Si chiamava Orazio Castro, era nato a Santa Maria di Licodia, fu Maresciallo dei Carabinieri nonché storico Comandante della Stazione dell’Arma di Aci Sant’Antonio. Rappresentava la figura di comandante benvoluta da tutto il paese che sembra, ormai, solo il ricordo d’altri tempi. La sua brillante carriera lo vide anche protagonista di gesta eroiche a tutela della pubblica incolumità. Poi venne promosso alla DIA, ma la vendetta di qualche delinquente, alla fine, lo ha spento e non solo metaforicamente.
Nel 2001, infatti, il Maresciallo Castro venne coinvolto in una indagine antimafia (quella sul re dei supermercati Sebastiano Scuto), dalla quale è uscito assolto definitivamente nel 2014. Purtroppo, il coinvolgimento in quella vicenda ha compromesso la sua salute. Il cuore non lo ha sorretto e, dopo un infarto, una cardiopatia – lascito del “calvario” nelle aule del Tribunale – lo ha accompagnato per l’ultima parte della sua vita. Il Maresciallo Orazio Castro è morto lo scorso 3 aprile a Santa Maria di Licodia, suo paese d’origine dove ritornò ad abitare da pensionato. Il figlio Marco lo ha voluto ricordare in una lettera inviata alla redazione di Yvii24.
IL MARESCIALLO ORAZIO CASTRO, MIO PADRE
L’arma dei Carabinieri per mio papà, Maresciallo Orazio Castro, era tutta la sua vita. Svolgeva il suo lavoro con massima determinazione e nel migliore dei modi, non osservava orari, festività e non ha mai chiesto un giorno di malattia. Ha dedicato 40 anni della sua vita all’Arma dei Carabinieri che l’ha ripagato con belle soddisfazioni lavorative.
È stato un carabiniere pluridecorato con Medaglia d’Argento al Valore Militare ricevuta dall’ex Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro, per essere intervenuto durante una sparatoria in piazza ad Aci Sant’Antonio, che era colma di persone, riuscendo a salvare la vita di due cittadini che erano stati raggiunti da colpi d’arma da fuoco e, contemporaneamente, era riuscito a trarre in arresto uno dei sicari senza ricorrere all’uso dell’arma in dotazione, per non compromettere l’incolumità dei molti astanti.
Ha ricevuto anche la Medaglia di Bronzo al Valore Civile per essere entrato all’interno di un’abitazione andata completamente in fiamme, riuscendo a trarre in salvo la persona che vi abitava. Nel 1993 è entrato a far parte della Direzione Investigativa Antimafia di Catania dove presterà servizio fino al 2001. Nel 2001 alla DIA di Catania verrà comunicato che mio papà era indagato per concorso esterno in associazione mafiosa,”accusato da un pentito”. È proprio in questo momento che inizierà il suo calvario che, fra indagini e processi, durerà circa 15 lunghissimi anni.
Venne rimosso dalla DIA e verrà trasferito al Battaglione di Milano, dove concluderà la sua carriera lavorativa e verrà congedato per infarto nel 2003. Io vedevo mio papà stare molto male perché fu abbandonato dall’Arma, ma affrontava il tutto con la massima sicurezza della sua onestà e coscienza. Ha lottato con tutte le sue forze affrontando le sfide che la vita gli ha riservato. Nel 2014 è, finalmente, arrivata la sentenza della Corte di Cassazione che riconfermava per la terza volta la sua assoluzione definitiva. Troppo tardi…
La sua vita e la sua carriera erano già state distrutte e infangate. Ma ho un bel ricordo indelebile di mio papà: l’ho visto lottare come un leone per tutti questi anni senza arrendersi mai. Tuttavia, vedevo anche che la sua salute veniva a mancare fino a quando il 3 aprile 2020, appena tre settimane fa, all’età di 68 anni mi ha lasciato per sempre stringendomi forte la mano. Concludo dicendo che mio papà è stato un grande uomo, un meraviglioso padre, un nonno dolcissimo, un bravissimo Carabiniere. Sei stato un eroe d’Italia, e non una “talpa” come qualcuno in sede processuale ti ha definito.
Marco Castro