Il doppio assassinio di due anime innocenti avvenuto la stessa sera a pochi chilometri di distanza
Quella del 3 settembre 1984 non è una data come le altre a Santa Maria di Licodia, così come non è una data come le altre a Biancavilla. Fu quello il giorno in cui due episodi di criminalità scossero le due cittadine limitrofe e di cui ci si ricorda, e ci si commuove, ancora oggi. Negli scorsi giorni abbiamo parlato dell’uccisione, nel corso di una rapina in un supermercato di Biancavilla, di Luciana Portale, la piccola di appena due anni ammazzata da una fucilata mentre era alla cassa con la mamma, da un gruppetto di giovani banditi (rileggi l’articolo).
Al ricordo di quella tragedia in questi giorni è affiorata alla mente anche la seconda, consumatasi qualche ora dopo a pochi chilometri: quella di Gregorio Rasà, pensionato di 72 anni, ammazzato mentre prendeva il fresco nella sua villetta delle “Vigne” di Santa Maria di Licodia, nel corso di una rapina andata male. Due rapine finite nel sangue, nella stessa sera a pochi chilometri di distanza, la dice lunga di quel che erano gli anni del cosiddetto “triangolo della morte” Adrano, Biancavilla, Paternò. Una data, il 3 settembre 1984, segnata nella mente di tanta gente come la pagina più buia nella storia dei paesi ai piedi dell’Etna negli anni ‘80.
Una rapina messa in piedi da 4 ragazzi, 3 minorenni e un 18enne, di Adrano, cresciuti in ambienti difficili e di miseria, che avevano voglia di soldi, tanti e facili. Per chi non aveva propriamente voglia di sudarseli i soldi, il crimine offriva sempre una occasione. Prima del colpo la banda rubò una vecchia Fiat 500 e, con facilità, si procurò un fucile a canne mozze. Poi, con le calzamaglie addosso, i 4 andarono a caccia di un colpo, senza una meta precisa, alle Vigne licodiesi, dove la gente godeva dell’aria fresca delle ultime sere d’estate.
Nella loro sventurata ricerca i malviventi si imbatterono in Gregorio Rasà, pensionato mite e benvoluto da tutti a Licodia, che stava assaporando l’ultimo scampolo di sera fumando mezzo sigaro in tranquillità, ignaro di quello che stava per accadere. Erano circa le 22, un’ora e mezza dopo l’assassinio di Luciana, quando un ragazzino sbucato dal buio delle campagne gli puntò un fucile alla nuca per rapinarlo, cogliendolo di sorpresa mentre era seduto. Un fatto che spiazzò Gregorio, il quale pensò subito all’incolumità dei suoi cari che erano in casa, la moglie, la figlia, il genero e soprattutto il piccolo nipotino Fabio.
Stando seduto, Gregorio Rasà accennò una reazione esclamando «che volete?». Quelle parole, probabilmente accompagnate da un movimento brusco del corpo, furono le ultime che pronunciò: una fucilata dietro l’orecchio mise fine alla sua vita. La figlia Santa vide tutta la scena dalla finestra e istintivamente andò a nascondere il figlioletto in bagno adagiandolo sulla vasca e coprendolo con un recipiente di plastica. Poi si precipitò fuori a prestare soccorso al padre, disteso a terra in una pozza di sangue: purtroppo non c’era più nulla da fare.
Il genero della vittima, Agostino, iniziò a sparare con una 367 Magnum, legalmente detenuta, all’indirizzo dei banditi, non colpendoli, e questi risposero al fuoco mancando per poco sua moglie Santa. Poi entrarono nella 500 e si diedero alla fuga. Terrorizzati per la rapina finita nel sangue e per le pallottole che gli fischiavano intorno, i malviventi imboccarono un vicolo cieco andando a schiantarsi contro un muro, distruggendo l’auto. Poi, la fuga proseguì per le campagne. Inizialmente i 4 riuscirono a far perdere le proprie tracce, ma i Carabinieri li arrestarono poco dopo, andando a colpo sicuro, poiché erano già tenuti d’occhio insieme a quanti orbitavano nel mondo della microcriminalità fra Adrano e Paternò .
Due di loro, come riporta ”La Repubblica”, confessarono subito: «Volevamo solo un po’ di soldi, non avevamo intenzione di ammazzare nessuno», dissero ai Carabinieri. Santa Rasà, testimone oculare dell’omicidio, ha raccontato a Yvii24 quella maledetta sera, il terrore, gli istanti peggiori di tutta la sua vita e, poi, il lungo e calvario che ne scaturì, il processo sino alla condanna dei rapinatore e dell’assassino. Al tempo fu un fatto che sconvolse la comunità, anche se passò in secondo piano perché poco prima a Biancavilla si era consumata l’assurda morte della piccola Luciana, avvenuta per ironia della sorte nello stesso modo. Una banda di adraniti mise fine alla vita di Gregorio Rasà, una banda di paternesi mise fine alla vita di un angioletto di due anni.
Santa Rasà racconta pure del legame emotivo che lega la sua famiglia, che perse Gregorio, alla famiglia Portale, che perse Luciana. «Ogni 3 settembre ricordando mio papà il pensiero di tutta la nostra famiglia va anche all’anima innocente di Luciana». Santa racconta pure di non aver sentito in questi 35 anni la famiglia Portale, per delicatezza e per l’angoscia rimasta nel cuore di ogni componente dei due nuclei. Solo con la pubblicazione del nostro articolo sulla piccola Luciana, la famiglia Rasà e la famiglia Portale sono entrate in contatto. È giusto che quel che si son dette, rimanga nel loro privato e nel loro cuore.
Chiude Santa Rasà: «Nessuno ha il diritto di togliere la vita a nessuno, nessuno ha il diritto di sconvolgere per sempre una famiglia. Mi piace pensare che mio papà e la piccola Luciana siano saliti insieme in cielo quella sera, e che mio padre tenga per mano la bambina e la protegga sempre. Sono sicura che tutti e due sono nella luce».